Acalasia esofagea: i sintomi e come curarla - Emergency Live

2023-01-05 16:52:14 By : Ms. Amy Zhang

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Purtroppo, le cause di questa patologia sono a oggi ancora sconosciute anche se, alla base della disfunzione del plesso nervoso esofageo si sospettano infezioni virali o malattie autoimmuni.

Il sintomo principale dell’acalasia esofagea è la disfagia, cioè il senso di arresto in esofago del bolo alimentare che si manifesta dopo la deglutizione.

Più frequente a seguito dell’ingestione di cibi solidi, in alcuni casi, però, può presentarsi anche dopo l’assunzione di liquidi: in questo caso viene definita disfagia paradossa.

Nel caso di sospetto di acalasia esofagea, oltre all’esame clinico e all’anamnesi, gli accertamenti diagnostici da eseguire sono di diverso tipo.

Studio radiologico del transito esofagogastrico: questo semplice esame si effettua tramite assunzione per bocca di un mezzo di contrasto che permette di visualizzare l’esofago e il passaggio tra esofago e stomaco (cardias).

Nel paziente acalasico, spesso, è presente una dilatazione di grado variabile dell’esofago, un passaggio rallentato e filiforme ‘a coda di topo’ del mezzo di contrasto a livello del cardias, l’assenza della bolla gastrica.

Esofagogastroduodenoscopia: eseguita solitamente per escludere la presenza di patologie neoplastiche del cardias.

Pur non essendo un esame specifico per la diagnosi di acalasia, può evidenziare una dilatazione del lume esofageo, l’eventuale presenza di residui alimentari, un’esofagite da stasi e soprattutto permette all’endoscopista di valutare il transito dell’endoscopio attraverso il cardias che solitamente in questi paziente avviene ‘con senso di scatto’.

Manometria ad alta risoluzione (HRM): è l’esame che permette la diagnosi definitiva.

Attraverso l’introduzione transnasale di una piccola sonda, si riescono a valutare l’attività peristaltica dell’esofago, le pressioni e la capacità di rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore.

Questo esame permette non solo di fare diagnosi di acalasia, ma anche di differenziarne tre tipi diversi (classificazione di Chicago), alle quali corrispondono diverse alterazioni della motilità esofagea, del quadro sintomatologico e del tipo di approccio terapeutico.

L’acalasia esofagea essendo una patologia rara nella popolazione viene spesso diagnosticata tardivamente.

Una volta rilevata, è importante intraprendere un preciso percorso diagnostico fisiopatologico e un’attenta valutazione in centri di riferimento al fine di scegliere il tipo di approccio che garantisca il miglior risultato in termini di controllo dei sintomi.

Per quanto riguarda il trattamento, ne esistono di diversi ognuno con la propria efficacia e la propria indicazione rispetto ai diversi target.

Terapia medica con calcio antagonisti

Innanzitutto, va segnalato come la terapia medica con calcio antagonisti non si sia dimostrata efficace nel controllo dei sintomi, poiché richiede un trattamento cronico con numerose somministrazioni e causa effetti collaterali come cefalea e ipotensione scarsamente tollerati.

L’inoculazione per via endoscopica di tossina botulinica è in grado di bloccare la liberazione di acetilcolina dal plesso mioenterico di Auerbach (parte del sistema nervoso enterico che si trova nella muscolatura esterna del tratto grastrointestinale) inibendo la muscolatura liscia e riducendo la pressione dello sfintere esofageo inferiore.

L’effetto immediato è buono, ma la procedura è gravata da frequenti recidive con necessità di ripetute sedute endoscopiche.

Un altro trattamento è rappresentato dalla dilatazione pneumatica del cardias che consiste nel posizionare sotto controllo endoscopico un dilatatore pneumatico esofageo (palloncino) a livello del cardias che, dilatandone le fibre, ne provoca il rilasciamento.

L’efficacia di questo tipo di trattamento è buona ma, comunque, il 25% dei pazienti necessita di successive dilatazioni.

Tale approccio è preferibile nei pazienti anziani che, per presenza di comorbidità (cioè di patologie concomitanti), non possono essere avviati a intervento chirurgico, oppure in pazienti che presentino una recidiva sintomatologica dopo terapia chirurgica.

La POEM (per-oral endoscopic myotomy) consiste nella sezione per via endoscopica delle fibre muscolari dell’esofago.

Questa tecnica è assolutamente risolutiva del sintomo disfagia, ma nonostante numerosi studi, sussistono perplessità sulla metodica in quanto sembrerebbe gravata sul lungo termine dall’insorgenza di reflusso gastroesofageo e conseguente esofagite.

L’intervento chirurgico è ritenuto essere la terapia di prima scelta e se viene eseguito in centri di riferimento si ottengono risultati soddisfacenti in oltre l’85% degli operati.

La miotomia secondo Heller è un intervento chirurgico che viene eseguito in anestesia generale con tecnica mininvasiva videolaparoscopica e consiste nella sezione delle fibre muscolari dell’esofago a livello della giunzione esofagogastrica (5 cm sull’esofago e 2cm sullo stomaco).

Alla miotomia, si associa una plastica antireflusso anteriore secondo Dor che protegge dall’insorgenza del reflusso postoperatorio.

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